Introduzione



Ricerche scientifiche dimostrano che ogni qual volta si verifichino epidemie ed emergenze internazionali (economiche, sanitarie, ambientali), si osserva un incremento dei disturbi psicologici e del rischio suicidario.


Gli studi condotti in questi mesi hanno evidenziato come la pandemia da Covid-19 sia associata a vissuti di ansia, paura del contagio, depressione e insonnia, tanto nella popolazione generale quanto nelle professioni coinvolte nella gestione dell’emergenza.


Questi sintomi, assieme ad altri elementi contestuali, costituiscono dei fattori di rischio per una possibile condotta suicidaria.


In questo articolo approfondiremo il fenomeno del suicidio e del rischio suicidario, contestualizzandolo all’attualità del tema Covid-19.



1. Definizioni di suicidio



Il concetto di suicidalità si riferisce a una serie di fenomeni che includono l’ideazione suicidaria e le condotte suicidarie, ossia i tentativi di suicidio e l’atto portato a compimento.


L’ideazione suicidaria si riferisce ai pensieri connessi al suicidio e alla sua pianificazione, mentre i tentativi di suicidio consistono in atti di autolesionismo potenzialmente letali che non conducono all’esito finale, nonostante l’intenzione della persona sia quella di concludere l’atto.


Un precedente tentativo di suicidio è considerato il più importante fattore di rischio singolo per il suicidio nella popolazione generale (OMS, 2014).


I tentativi di suicidio si differenziano dai gesti di autolesionismo, che sono potenzialmente dannosi ma fine a sé stessi e motivati da altri intenti. Infine, si parla di suicidio quando la persona porta a compimento il gesto.


La ricerca ha dimostrato l’importanza dell’interazione tra fattori biologici, psicologici, sociali, ambientali e culturali sulla vulnerabilità di una persona al comportamento suicidario.


Sono stati identificati i fattori di rischio e di protezione per il suicidio sia nella popolazione generale che nei gruppi vulnerabili. Tra i fattori di rischio socio-ambientali si individuano:


  • difficoltà nell’accesso all’assistenza sanitaria

  • disponibilità di mezzi per compiere l’atto (per esempio pesticidi, farmaci, oggetti contundenti)

  • stigma sociale nei confronti di persone vulnerabili, con problematiche psicologiche e psichiatriche

  • stress cronico

  • discriminazioni

  • senso di isolamento

  • esperienze di abuso, violenza e relazioni conflittuali


I fattori di rischio presenti a livello individuale, invece, sono:


  • precedenti tentativi di suicidio

  • disturbi mentali

  • uso/abuso di alcol

  • difficoltà economiche

  • dolore cronico

  • una storia familiare di suicidio


Come anticipato, anche la cultura ha un ruolo nell’aumentare il rischio o proteggere dallo sviluppo di un comportamento suicidario.


Sebbene molti interventi di prevenzione siano orientati alla riduzione dei fattori di rischio, è altrettanto importante considerare e rafforzare i fattori che proteggono dal comportamento suicidario (OMS, 2014).


Tra i fattori di protezione troviamo il coltivare sane e forti relazioni personali, avere credenze spirituali-religiose e un generale approccio alla vita capace di promuovere benessere e stabilità.


Le credenze spirituali e religiose possono offrire un sistema di credenze strutturato e una comunità coesa e solidale con cui condividere molti valori. Tuttavia, alcune credenze e comportamenti religiosi possono contribuire ad alimentare lo stigma verso il suicidio; dipende dalle specifiche pratiche e dalle interpretazioni che si danno alla propria fede.


Inoltre, una certa stabilità emotiva, una visione ottimistica degli eventi e una buona autostima possono costituire fattori di protezione. Tra gli stili di vita che promuovono il benessere psico-fisico ritroviamo l’esercizio fisico, il riposo, una buona qualità del sonno e una dieta regolare.



2. Suicidio e rischio suicidario durante la pandemia da Covid-19



La situazione che il mondo sta attraversando è senza precedenti e sono ancora sconosciuti gli effetti a lungo termine di tutte le misure adottate per arginare i contagi e far fronte all’emergenza. Gli esperti ipotizzano un aumento dell’ideazione e del comportamento suicidario nelle popolazioni a rischio, ma non è chiaro se questo aumento sarà a breve o lungo termine (o entrambi).


In queste circostanze, possiamo individuare alcuni fattori che potrebbero esacerbare il rischio suicidario durante la pandemia da Covid-19 (Gunnell et al., 2020; Kawohl & Nordt, 2020):


  • il distanziamento sociale e le restrizioni alla libertà personale, complici di un aumentato senso di isolamento e di solitudine

  • timore del contagio e ansia per la salute (leggi l'articolo di approfondimento

  • il senso di incertezza globale e lo stress cronico di questo momento storico

  • l’esperienza di malattia da Covid-19 e le conseguenze sul piano medico

  • stigma nei confronti delle persone affette da Covid-19 e delle loro famiglie

  • l’aumento dei livelli di disoccupazione e di precarietà

  • fenomeni di violenza domestica

  • consumo di alcol

  • stress e burnout degli operatori sanitari coinvolti in prima linea nell’emergenza (leggi l'articolo di approfondimento)

  • scarsità di servizi dedicati alla prevenzione del suicidio


La connessione sociale è un fattore critico per il benessere psicologico e diverse ricerche hanno dimostrato che l’isolamento sociale e la solitudine sono associati a Depressione maggiore e Disturbo d’ansia generalizzata. Inoltre, sia l’isolamento sociale oggettivo (per esempio vivere da soli) che il senso soggettivo di solitudine sono associati a ideazione e comportamento suicidario. Queste osservazioni sono coerenti tra culture e popolazioni diverse (Calati et al., 2019).


L’ansia e la paura del contagio possono essere legate a incertezza e stress cronico; inoltre, l’esposizione ripetuta alle notizie sul Covid-19 può intensificare questi vissuti e portare allo sviluppo di Disturbi conclamati nella sfera dell’ansia, della depressione e del sonno.


Gli studi suggeriscono che le relazioni tra insonnia e depressione e tra insonnia e ansia sono bidirezionali: l’insonnia contribuisce ai sintomi di depressione e ansia e viceversa, sintomi di depressione e ansia incidono negativamente sul sonno. A loro volta, i disturbi del sonno sono un fattore di rischio per il comportamento suicidario.


Anche il declino economico dovuto alla pandemia avrà un effetto dannoso sulla salute mentale e comporterà un aumento della prevalenza di disturbi psichiatrici e dei comportamenti suicidari.


Infatti, le crisi economiche e l’aumento della disoccupazione sono risultati storicamente associati a disturbi di salute mentale e suicidi. Inoltre, gli studi hanno osservato che l’aumento del tasso di disoccupazione è associato a una maggior prevalenza di depressione, consumo di alcol e altri disturbi da uso di sostanze.


C’è un’elevata probabilità che i sopravvissuti al virus (soprattutto se hanno esperito i sintomi più gravi) manifestino un aumentato rischio di suicidio, perché l’esperienza della malattia è stressante sotto diversi punti di vista: convivere con la notizia della diagnosi, la paura di contagiare gli altri, i sintomi della malattia, il ricovero in ospedale e i trattamenti (per esempio, la terapia intensiva laddove necessaria) sono tutti elementi che possono comportare ansia, depressione e stress post-traumatico.


L’infezione da Covid-19, inoltre, è associata ad alcune condizioni neurologiche, quali ictus ischemico acuto, mal di testa, vertigini, atassia e convulsioni. Una recente revisione dell’impatto del Covid-19 sul cervello ha mostrato che le condizioni neurologiche sono presenti in circa il 25% dei pazienti Covid-19 e che esse sono associate a rischio suicidario. Anche i sintomi fisici correlati, come il dolore, aumentano il rischio di suicidio.


Tutti i fattori fin qui discussi possono portare allo sviluppo o all’esacerbazione di disturbi legati allo stress e alla suicidalità, specialmente negli individui:


  • con disturbi psicologici (si segnala soprattutto ansia, depressione e stress post-traumatico) e psichiatrici preesistenti

  • che risiedono in aree ad alta prevalenza Covid-19

  • che hanno perso un familiare o un amico a causa del virus


Infatti, i lutti avvenuti durante la pandemia spesso non hanno trovato un tempo e uno spazio di elaborazione e condivisione sociale (ad esempio per l’impossibilità di organizzare il funerale).



3. La prevenzione del suicidio



A partire da marzo 2020, la Fondazione BRF (Istituto per la Ricerca in Psichiatria e Neuroscienze) ha attivato un Osservatorio Suicidi Covid-19 per monitorare, indicativamente, la percentuale di suicidi e tentati suicidi in tempo di pandemia.


La Fondazione è da sempre interessata al tema del suicidio in Italia e ha segnalato la carenza di statistiche aggiornate sull’argomento. In Italia, infatti, i dati disponibili per il monitoraggio del fenomeno suicidario e lo studio dei fattori di rischio si limitano alle informazioni desumibili dalle indagini Istat sui decessi e sulle cause di morte.


Già nel 2018 l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) aveva chiesto l’istituzione di un organo per monitorare il fenomeno, annunciando l’attivazione di un Osservatorio Epidemiologico sul Suicidio e Tentativo di Suicidio (OESTeS), ma non sono mai state attivate iniziative concrete.


Sebbene il tema della prevenzione del suicidio sia considerato prioritario, solo pochi Paesi hanno sviluppato una strategia nazionale ma l’Italia non risulta ancora tra questi.


Le strategie di prevenzione descritte dall’OMS (2014) sono di tre tipi:


  • universali

  • selettive

  • indicate


Le strategie di prevenzione “universali” sono pensate per raggiungere l’intera popolazione e possono mirare ad aumentare l’accesso all’assistenza sanitaria, promuovere la salute mentale, ridurre il consumo di alcol, limitare l’accesso ai mezzi per il suicidio o promuovere una comunicazione mediatica efficace.


Le strategie di prevenzione “selettive” si rivolgono, invece, a gruppi vulnerabili entro una popolazione di riferimento, individuati in base a caratteristiche quali l’età, il sesso, lo status professionale o la storia familiare (per esempio persone che hanno subito abusi, rifugiati, ecc.).


In questo modo si prendono in considerazione gli specifici aspetti di tipo biologico, socioeconomico e psicologico che possono concorrere allo sviluppo di comportamenti suicidari.


Le strategie di prevenzione “indicate”, infine, sono dedicate a specifici individui vulnerabili.


La prevenzione può anche esprimersi nel lavoro sui fattori protettivi, per esempio incoraggiando la rete di relazioni positive che circondano la persona, intervenendo sul sistema di credenze personali e incrementando le strategie di coping.


Lavorare sui fattori di rischio e di protezione nelle prime fasi della vita ha il potenziale di promuovere comportamenti adattivi che proteggono dallo sviluppare condotte auto ed etero-lesive e devianti.


Un aumento del tasso dei suicidi può diventare un problema significativo per la sanità pubblica italiana ma questo periodo storico potrebbe rappresentare l’occasione per far progredire le iniziative e i servizi di prevenzione del suicidio.


Politiche di prevenzione efficaci dovrebbero formulare un approccio che consideri e contestualizzi i fattori di rischio suicidario sul piano sociale, psicologico ed economico, sia a livello locale che nazionale.


Oggi, per esempio, si parla sempre più apertamente di depressione, ansia e suicidio e le persone comprendono maggiormente l’importanza del contatto e del sostegno sociale in periodo di crisi.


Inoltre, le misure di distanziamento sociale e la nuova organizzazione delle attività a distanza stanno promuovendo sempre più la teleconsulenza psicologica e la telesomministrazione di testistica psicodiagnostica (qui le indicazioni fornite dal CNOP per le prestazioni online nel contesto emergenziale).


In questo senso, le persone a rischio di suicidio possono ora ottenere un supporto anche a distanza.


Esistono alcune linee guida per la diagnosi e il trattamento dei comportamenti suicidari che il professionista può consultare per formulare un piano di intervento, a livello individuale e sociale (per esempio il documento dell’OMS del 2014 sulla prevenzione del suicidio). 



Bibliografia



Roberta Di Lisio, Perché nel periodo della pandemia da coronavirus sentiamo parlare più spesso di suicidio?, State of Mind, 8 ottobre 2020


Osservatorio sucidi Covid-19, Brain Research Fondazione Onlus


Linee di indirizzo per l'intervento psicologico a distanza a favore della popolazione nell'emergenza Covid-19, Consiglio Nazionale Ordine Psicologi 


Il fenomeno suicidario in Italia. Aspetti epidemiologici e fattori di rischio, L'epidemiologia per la sanità pubblica, Istituto Superiore di Sanità 


Paula J. Clayton, Comportamento suicidario, Manuale MSD versione per i professionisti, ottobre 2019


Calati, R., Ferrari, C., Brittner, M., Oasi, O., Olié, E., Carvalho, A. F., & Courtet, P. (2019). Suicidal thoughts and behaviors and social isolation: A narrative review of the literature. Journal of affective disorders, 245, 653-667.


Di Giannantonio, M., Scapati, F., Varia, S., & Balestrieri, M. (2013). Prevenzione del Suicidio.


Gunnell, D., Appleby, L., Arensman, E., Hawton, K., John, A., Kapur, N., ... & Chan, L. F. (2020). Suicide risk and prevention during the COVID-19 pandemic. The Lancet Psychiatry, 7(6), 468-471.


Jacobs, D. G., Baldessarini, R. J., Conwell, Y., Fawcett, J. A., Horton, L., Meltzer, H., ... & Simon, R. I. (2010). Assessment and treatment of patients with suicidal behaviors. APA Pract Guidel, 1-83.


Kawohl, W., & Nordt, C. (2020). COVID-19, unemployment, and suicide. The Lancet Psychiatry, 7(5), 389-390.


Sher, L. (2020). The impact of the COVID-19 pandemic on suicide rates. QJM: An International Journal of Medicine, 113(10), 707-712.


World Health Organization. (2014). Preventing suicide: A global imperative.



Photo credit: Foto di Yasin Gündogduda Pexels