Introduzione



La pandemia da Covid-19 continua a diffondersi in tutto il mondo. La ricerca si è concentrata principalmente sulla comprensione delle cause dei sintomi respiratori.


Meno attenzione, però, è stata data all'impatto del virus sulla risposta immunologica, sul sistema nervoso centrale (SNC) e agli aspetti neuropsicologici correlati, ovvero a tutte le manifestazioni neurologiche note come "Neurocovid".


In questo articolo approfondiremo tutti questi aspetti e forniremo dei consigli utili per i professionisti.



1. Neurocovid: cos’è



Il Covid-19 è un singolo virus a RNS che entra nelle cellule dopo il legame con l’enzima ACE2. Il quadro sintomatologico del Covid-19 è dominato da patologie respiratorie e, con minore frequenza, disturbi gastrointestinali di lieve o grave entità. 


La diffusione del virus, però, non è circoscritta a questi due organi, considerando che l’espressione del recettore ACE2 è rilevata anche in altri tessuti, tra i quali cuore, reni, endotelio e SNC.


Il Covid-19, analogamente ad altri virus respiratori, accede al SNC attraverso diverse vie. Una di queste è attraverso il bulbo olfattivo, mediante un trasporto assonale retrogrado. I virus che si replicano nella cavità nasale, infatti, possono utilizzare il collegamento diretto con il bulbo olfattivo per colonizzare il sistema nervoso centrale.


Il virus può accedere anche attraverso le cellule endoteliali, le quali rivestono la vascolarizzazione del cervello, attraverso il sistema linfatico, il nervo trigemino, che proietta terminazioni nociceptive alle cavità nasali e dalle fibre sensoriali del nervo vago, che innervano le vie respiratorie.


L’infezione virale del cervello può avere molteplici conseguenze neurologiche e psichiatriche che possono scaturire sia nella fase acuta della malattia che nella fase di recupero.



2. Neurocovid: i sintomi



Lo spettro delle manifestazioni cliniche osservate riguardo l’infezione da Covid-19 variano da condizioni cliniche asintomatiche a condizioni più gravi, che possono costituire una minaccia per la vita dell'individuo colpito.


L’infezione da Covid-19 può essere classificata in lieve, moderata, grave e critica a seconda dei sintomi. Circa l'80% dei pazienti presenta un decorso della malattia asintomatico o lieve, il 15% dei pazienti presenta una sintomatologia moderata o grave che richiede il ricovero e il restante 5% dei pazienti può sperimentare condizioni critiche tali da costituire pericolo di vita, come shock settico, insufficienze cardiache e respiratorie e disfunzioni multiple a diversi organi.


Il Neurocovid può essere definito come l'insieme di manifestazioni associate al Covid-19 che colpiscono il cervello, il sistema nervoso centrale e periferico.


Da un’analisi della letteratura, le principali manifestazioni del Neurocovid sono:



  • Encefaliti: diversi studi riportano l’individuazione del virus nel fluido cerebrospinale e la comparsa di sintomi neurologici in un periodo che va dalla concomitanza con la comparsa dei sintomi respiratori a 17 giorni dopo. Le manifestazioni neurologiche che i soggetti con Covid-19 presentano sono tipiche anche per l’encefalite con irritabilità, confusione e ridotta coscienza, a volte associata a convulsioni, ma anche rigidità del collo, atassia e debolezza facciale bilaterale. Inoltre, i soggetti affetti da Covid-19 presentano spesso encefalopatia, mal di testa, ictus ischemici o emorragici.


  • Anosmia e ageusia: la perdita di odore (anosmia) e sapore (ageusia) sono stati classificati come sintomi comuni dell’infezione da Covid-19, sia con altri sintomi o in isolamento, suggerendone una possibile qualificazione come marcatori diagnostici.


  • Depressione, ansia e disturbi legati al trauma: nonostante i dati in possesso della comunità scientifica siano ancora molto limitati, i sopravvissuti al Covid-19 sono stati clinicamente diagnosticati con PTSD, depressione, disturbo del dolore, disturbo di panico e disturbo ossessivo-compulsivo da 31 a 50 mesi dopo l’infezione. In particolare, il disturbo di depressione maggiore è uno dei disturbi più frequenti legati a lesioni infiammatorie al cervello. Diversi studi hanno evidenziato l’associazione dei sintomi depressivi con l’infiammazione dei tessuti e l’insufficienza neurogliale. Ciò è maggiormente evidente negli anziani. L’invecchiamento, infatti, influisce sui livelli e sull’attività delle citochine nel sistema nervoso centrale. L’infezione può, di per sé, innescare la depressione maggiore nei pazienti anziani a causa della diminuzione dell’omeostasi immunitaria dipendente dall’età. Inoltre, dato che la pandemia Covid-19 ha portato a cambiamenti significativi nello stile di vita e nelle relazioni interpersonali portando a condizioni di solitudine prolungata e di stress psicosociale, ciò può influenzare la capacità dei soggetti più fragili di modulare le emozioni. La diminuzione del controllo sull’impulsività e i sentimenti di paura in combinazione con l’infiammazione dei tessuti del cervello potrebbe aumentare il rischio di suicidio.


  • Disturbi psicotici: l’esposizione a infezioni virali nell’utero, durante lo sviluppo infantile e nell’età adulta è riconosciuta come uno dei potenziali fattori patogeni della psicosi reattiva. Diversi studi mostrano un aumento delle concentrazioni di citochine e dei suoi recettori nella schizofrenia cronica, così come in pazienti narcisisti nel loro primo episodio psicotico.


  • Complicazioni demielinizzanti e neuromuscolari: tra le consequenze neurologiche ritardate descritte si osservano la neuropatia periferica, miopatia, encefalite del tronco encefalico di Bickerstaff (BBE) e sindrome di Guillain-Barre (GBS). Di solito, questi sintomi si sono verificati da due a tre settimane dopo i sintomi respiratori. Per quanto riguarda l’incidenza, tali complicazioni si osservano in una piccola serie di casi. Queste complicazioni post-Covid sono state descritte in un piccolo gruppo di casi e la causalità quindi, non può essere definitivamente stabilita. Per quanto riguarda, invece, la demielinizzazione, gli studi suggeriscono che, sebbene l’infiltrazione delle cellule di Covid-19 nel sistema nervoso centrale sia prevalente, la sua associazione con i disturbi demielinizzanti come la sclerosi multipla o altre sequele neurologiche ritardate richiede ulteriori studi.


  • Malattie neurodegenerative: non è stata trovata un’associazione diretta tra Morbo di Parkinson e infezione da Covid-19, ma diversi studi hanno evidenziato la presenza di anticorpi anti-CoV nel liquido cerebrospinale di soggetti con malattia di Parkinson. Poiché le cellule neurali e immunitarie possono avere la funzione di serbatoi di Cov latente, è possibile che ciò possa contribuire a ritardare i processi neurodegenerativi.



3. Neurocovid: il ruolo dello psicologo



Diversi studi dimostrano che quando i sopravvissuti al Covid-19 riprendono le loro attività abituali, le conseguenze neurologiche invalidanti emergeranno con forza e aumenterà, di conseguenza, la domanda di intervento neuropsicologico.


Per tale motivo è utile aumentare la disponibilità dei servizi neuropsicologici e far sì che gli psicologici conoscano i problemi cognitivi correlati all’infezione da Covid-19 e acquisiscano competenze tali da intervenire in modo adeguato.


La valutazione neuropsicologica dei pazienti affetti da Covid-19 fornisce un profilo delle capacità residue, delle difficoltà emergenti e della potenziale tendenza al declino cognitivo. Essa, quindi, non è solo limitata all’individuazione della funzionalità globale, ma dovrebbe includere anche strumenti che valutino la flessibilità cognitiva, le capacità di problem solving e la memoria di lavoro, nonché le competenze mnesiche, di apprendimento e di attenzione. 


Infine, è utile anche valutare le capacità residue del paziente e le potenziali alterazioni affettive del soggetto.



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