Il colloquio in psichiatria e psicologia clinica - Intervista al Dr. Filippo Di Pirro
1) Vuole presentarci brevemente il nuovo libro Il colloquio in psichiatria e psicologia clinica?
Il colloquio in psichiatria e psicologia clinica è lo strumento fondamentale attraverso il quale lo psichiatra, lo psicologo clinico o lo psicoterapeuta, cerca di comprendere non solo il disturbo clinico, ma la persona che ha di fronte nella sua totalità e complessità e inquadrare la sofferenza tenendo conto sia dei criteri diagnostici di riferimento che dei vissuti personali e della realtà sociale dell’individuo.
Pur non essendo una novità editoriale (il volume è ormai alla sua terza edizione) è tuttavia la prima edizione italiana. Inoltre, dalla prima edizione originale presentata oltre cinquanta anni fa il testo è stato via via revisionato e aggiornato, tenendo conto dei nuovi criteri diagnostici, in particolare quelli afferenti al DSM, e dei progressi nell'ambito delle neuroscienze e della psichiatria biologica e sociale. In tal senso di può dire che è un libro nuovo e assolutamente aggiornato.
2) Considerando le numerose proposte editoriali sul tema del colloquio psichiatrico, qual è la novità di questo in particolare?
È sì un libro che tratta del colloquio, ma va ben al di là della teoria e della tecnica del colloquio, accompagnando il lettore, in modo sempre chiaro e dettagliato (e con rigore scientifico), anche nelle varie situazioni cliniche che si incontrano nella pratica.
Gli autori, forti della loro esperienza clinica e di ricerca, proprio partendo dai principi generali del colloquio clinico, esaminano le caratteristiche dell’intervista relativamente alle varie condizioni cliniche e alle varie tipologie di pazienti che si possono incontrare nella pratica quotidiana.
Al di là dei principi generali, il colloquio non fornisce istruzioni da applicare rigidamente a tutte le situazioni e l’intervistatore deve saper modulare le proprie qualità professionali e personali alla tipologia di paziente e al suo modo di esprimere la propria sofferenza. In questo gli autori sono riusciti davvero a presentare un ottimo lavoro.
3) Chi sono gli Autori?
Roger MacKinnon, Robert Michels, Peter J. Buckley, tre psichiatri con notevole esperienza clinica e universitaria, di estrazione psicoanalitica e psicoanalisti didatti e supervisori presso il Columbia University Center for Psychoanalytic Training and Research a New York.
Credo sia utile sottolineare che il suddetto Centro è una struttura prestigiosa, fondata nel 1945 e è parte del Dipartimento di psichiatria della Facoltà di Medicina e Chirurgia della Columbia University College.
L’intensa attività didattica e di ricerca viene svolta da psichiatri e psicologi clinici affermati anche a livello internazionale, tanto per citarne alcuni: Otto Kernberg, Theodore Shapiro, Robert Spitzer e altri altrettanto noti che non sto a citare.
4) The psychiatric interwiew in Clinical Practice sembra un testo ad uso esclusivo degli psichiatri. Come mai nell'edizione italiana si è voluto estendere l’interesse anche alla psicologia clinica?
Quando è stato iniziato il lavoro di predisposizione del testo in italiano, in accordo con l’Editore, abbiamo constatato, dopo un’attenta analisi del testo, che una mera traduzione del titolo originale avrebbe potuto rendere troppo esclusivo e riduttivo il primo approccio con il libro.
Vista l’impostazione clinica degli argomenti trattati, i contenuti potevano benissimo essere di interesse non solo per gli psichiatri, ma per tutti gli altri operatori della salute mentale, in particolare, per gli psicologi clinici e gli psicoterapeuti. Così si è pensato di modificare il titolo includendo anche la psicologia clinica: Il colloquio in psichiatria e psicologia clinica.
Il colloquio si basa su un incontro tra il professionista della salute mentale e il paziente e si caratterizza per l’instaurarsi di dinamiche, talvolta molto intense e complesse che vanno conosciute e sapute gestire e poco cambia se il professionista è uno psichiatra o uno psicologo.
Chi si occupa di salute mentale e, più in generale del prendersi cura dell’altro coinvolgendosi in prima persona, non può dare nulla per scontato, non può basarsi solo sulla propria esperienza acquisita, ma deve continuamente riflettere, aggiornarsi, ripensare il proprio modo di comprendere e farsi carico dell’altro. In questo il volume è davvero ricco di argomenti e spunti di riflessione.
Il libro tratta proprio di questi aspetti e, pertanto, si è ritenuto più opportuno e utile modificare, in senso estensivo, il titolo rispetto all'originale. A mio avviso ciò rende anche maggior merito all'opera, senza entrare in conflitto con i contenuti.
5) Per sommi capi in che cosa si caratterizza questo genere di colloquio?
Ispirandosi a Sullivan il colloquio clinico si può definire “una situazione in cui la comunicazione avviene in primo luogo a voce, in un gruppo di due persone, che si incontrano più o meno volontariamente, sulla base di un rapporto esperto-cliente con lo scopo di chiarire il modo caratteristico di vivere della persona in esame, paziente o cliente; modo di vivere che egli trova particolarmente molesto o degno di nota e dalla cui chiarificazione egli attende un beneficio”.
Di solito ci si rivolge a un professionista per porre un quesito, una condizione che non riusciamo a comprendere o a gestire, e ottenere un parere, una risposta che aiuti a risolvere una questione, un problema. Nel caso che il professionista sia uno psichiatra o uno psicologo, il paziente si aspetta di incontrare una persona esperta e competente, qualcosa di più di un mero ascoltatore comprensivo.
In tal senso l’esperienza e la competenza del clinico si manifestano non solo attraverso la sua capacità di ascolto e di osservazione, ma anche attraverso le domande che formula e quelle che, viceversa, non esprime, nonché attraverso tutta una serie di attività, atteggiamenti, prescrizioni, che variano da caso a caso e sono ben descritte nel libro.
Pertanto il colloquio si presenta come una situazione molto complessa, in cui gli elementi informativi e conoscitivi che se ne deducono vanno saputi interpretare e collocare nella storia del paziente, e una persona con la sua storia, normalmente, non lascia indifferenti.
Così il colloquio clinico è un ascoltare ma anche un ascoltarsi ed è proprio in questo ascoltare/ascoltarsi che l’intervistatore ha la possibilità di collocare la storia e il disagio del paziente in una dimensione obiettiva, al di fuori di ogni interferenza, di ogni giudizio e di ogni morale. Anche per questo il colloquio clinico è così diverso da altri tipi di colloquio.
6) Per finire, quale messaggio vuole lasciare ai lettori?
Tra i testi che si occupano del colloquio/intervista in ambito clinico, questo libro rappresenta un autentico valore aggiunto collocandosi ai vertici della produzione scientifica del settore ed è motivo di grande entusiasmo, soddisfazione e ottimismo.
Finalmente un’edizione italiana di un lavoro che ha riscosso un grande successo oltreoceano ed è stato accolto e condiviso dalla comunità scientifica, basti pensare che negli Stati Uniti è pubblicato dalla American Psychiatric Association Publishing. Personalmente vi ho ritrovato importanti aspetti della mia esperienza professionale, in diversi passaggi, e ciò mi ha confermato come, nel nostro mestiere, ci sia ben poco di scontato.
Lo raccomando a tutti gli operatori della salute mentale, sia formati che in formazione, da leggere, studiare e consultare, perché non è un’opera che una volta letta o studiata si lascia nello scaffale della libreria, è anche un libro che si presta ad essere riconsiderato, consultato, che offre sempre una risposta, un riferimento, uno spunto di riflessione e, per chi esercita questa professione, riflettere è sempre molto utile.
Note sull'Autore
Il Dr. Filippo di Pirro è medico psichiatra all'interno delle Forze Armate. Durante la sua lunga carriera professionale ha ricoperto diversi ruoli, occupandosi nello specifico del coordinamento tecnico della selezione del personale.
Per approfondimenti sul tema
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Il colloquio come strumento psicologico
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La terapia psicologica in oncologia
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