Introduzione



La demenza è una malattia debilitante che sta crescendo in modo esponenziale nel mondo a causa del progressivo invecchiamento della popolazione.


I costi economici e sociali della malattia, tra cui l’impatto sulla qualità di vita dei caregiver, impongono un netto impegno delle risorse finanziarie destinate al welfare e la predisposizione di adeguate politiche sanitarie volte al contenimento del fenomeno.


Le stime di prevalenza media della demenza nel mondo si attestano attorno al 3.5%, con un’incidenza media annua di 7.5 casi per 1000 individui, che può variare a seconda dell’aspettativa di vita dei singoli paesi (Barone, 2012).


In questo articolo ne approfondiremo il processo diagnostico e presenteremo un esempio di valutazione del funzionamento mnestico con l'utilizzo della nuova WMS-IV (Wechsler Memory Scale - Fourth Edition).



1. La Demenza di Alzheimer



La malattia di Alzheimer rappresenta il 60% di tutte le forme di demenza, costituendo così il paradigma del declino cognitivo patologico.


In particolare, la diagnosi di disturbo neurocognitivo maggiore richiede la presenza di un declino cognitivo significativo rispetto a un precedente livello di funzionamento del soggetto, in uno o più domini (come attenzione, funzionamento esecutivo, apprendimento e memoria, linguaggio, abilità percettivomotorie e cognizione sociale) accertato per mezzo dell’osservazione del clinico e corroborato da test neuropsicologici standardizzati.


I deficit cognitivi devono necessariamente interferire con l’autonomia dei pazienti nelle attività della vita quotidiana e non essere meglio spiegati da altri disturbi mentali (come l’eventuale insorgenza di depressione maggiore).



2. La classificazione delle demenze e l'iter diagnostico



La classificazione delle demenze è stata eseguita nel corso del tempo in base a diversi parametri.


Si possono distinguere anzitutto “demenze primarie”, dovute alla degenerazione delle strutture cerebrali e da declino cognitivo, e “demenze secondarie”, ossia patologie che insorgono a seguito di eventi su base vascolare, infiammatoria, infettiva, dismetabolica, disendocrina, tossica, carenziale o derivanti da idrocefalo normoteso (Barone, 2012).


Le demenze primarie sono, a loro volta, divisibili in demenze “corticali” e “sottocorticali”, a seconda delle strutture encefaliche interessate.


Se nelle prime predominano, dal punto di vista neuropsicologico, le compromissioni delle funzioni cognitive cosiddette “strumentali”, come la memoria, il linguaggio, le prassie, le gnosie; nelle seconde il quadro è caratterizzato dalla presenza di sindrome disesecutiva.


L’iter diagnostico comprende un esame clinico-anamnestico del paziente, accertamenti fisico-neurologici, un’accurata valutazione neuropsicologica e gli esami strumentali (esami di laboratorio, ECG, esami elettrofisiologici, Imaging cerebrale, morfologico e funzionale). 



3. Uso clinico della WMS-IV. Caso clinico



R.M., di sesso maschile, aveva 82 anni di età al momento della prima osservazione, avvenuta circa a tre anni di distanza dall’attuale controllo. 


Dall’anamnesi raccolta all’epoca apprendevamo che era pensionato da circa 20 anni e che in precedenza era stato bidello di scuola dell’infanzia. Risiedeva nel comune di nascita, in provincia di Pisa, e aveva una scolarità limitata al primo ciclo dell’obbligo (5 anni). 


Il paziente era giunto a consultazione ambulatoriale presso il servizio di Neuropsicologia clinica su invio del neurologo per sospetta amnesia anterograda. R.M. appariva all’osservazione vigile e collaborante, oltre che capace di insight solo appena screziato. 


Negative risultavano l’anamnesi fisiologica, quella patologica remota e l’indagine sul gentilizio. Per quanto attiene l’anamnesi patologica recente, venivano segnalati disturbi mnestici di tipo anterogrado, con compromissione mista episodico-prospettica. 


La sintomatologia amnesica era esordita subdolamente circa due anni prima e aveva avuto un’evoluzione lenta e progressivamente ingravescente. L’assetto personologico appariva sostanzialmente integro. 


Non presentava un significativo rialzo della quota ansiosa o conclamate manifestazioni di flessione timica; solo sfumati segni di sindrome motivazionale, esplicitati esclusivamente dai familiari, che confermavano l’amnesia anterograda. R.M. era stato sottoposto a indagine psicodiagnostica neurocognitiva approfondita, che era esitata in giudizio diagnostico di MCI di tipo amnesico. 


A distanza di circa tre anni, il paziente si presenta al servizio ambulatoriale, sempre accompagnato dai familiari, che denunciano l’aggravamento del quadro cognitivo. Non sono chiari i motivi del mancato rispetto delle prescrizioni in materia di follow-up. 


Il funzionamento mnestico viene valutato facendo ricorso alla WMS-IV. 


La somministrazione della scala WMS-IV, versione Anziani, riporta i punteggi mostrati nelle tabelle 7-11 e 7-12: Il rendimento all’EBSC (punteggio: 24-0; livello di classificazione: molto basso), nettamente marginale, è in linea con quanto emerso dal complesso dei reattivi somministrati. 


Dalla ricognizione degli indici (cfr. tab. 7-11) si ricava un quadro di compromissione diffusa, con un picco di difettività nell’IMV e un minore impegno dell’IMU. Collocabili nella fascia intermedia tra IMU e IMV sono i punteggi degli indici IMI e IMD, che risultano, inoltre, assai vicini tra loro. Passando all’illustrazione del rendimento ai subtest (cfr. tab. 7-12) si apprezza, in primo luogo, la coerenza di questi ultimi con gli indici. 


Infatti, ai subtest RV I e II si registra il profitto più scarso (RV I = 4; RV II = 1); mentre minore appare l’impegno delle abilità connesse con il raggruppamento ML (ML I = 4; ML II = 6) e ACP (ACP I = 5; ACP II = 4). 


Risulta, inoltre, meno accentuata nei medesimi subtest la distanza psicometrica tra condizione immediata e differita. 


Le analisi di processo (cfr. tab. 7-13) rivelano la lacunosità del riconoscimento sia in ML sia in ACP. Si segnala, sempre a proposito dei medesimi subtest, ma sotto il profilo qualitativo, il ricorrente fenomeno dei falsi riconoscimenti, peraltro ripetutamente evidenziato in letteratura. 





Un discreto recupero prestazionale si osserva, invece, nella prova di riconoscimento del subtest RV II e nella prova di copia, ambedue sommariamente collocabili nell’area borderline. 


Infine, il subtest ACP II Richiamo di parole mostra una prestazione francamente non normale (punteggio ponderato = 4), ma perfettamente in linea con quanto emerso dalla prova di richiamo differito. 


I dati finora raccolti delineano un quadro di danneggiamento plurimo, ma non omogeneo, che coinvolge l’elaborazione preliminare delle informazioni in entrata, la loro stabilizzazione a lungo termine e la capacità di recupero, soprattutto forzato. 


L’esame dei punteggi di contrasto riportati nella tabella 7-14 chiarirà meglio queste conclusioni. Il confronto tra IMU e IMV (3) sta a significare che il dislivello tra gli indici, già segnalato in precedenza, è significativo. Un’analoga significatività, anche se meno pronunciata, caratterizza la contrapposizione tra IMI e IMD (7); questo dislivello appare, tuttavia, imputabile prevalentemente alla discrepanza tra RV I e RV II. 


Degno di nota, per quanto attiene i contrasti tra riconoscimento e condizione differita, è l’assenza di sperequazione significativa nelle prove del raggruppamento verbale. Infine, la positività del raffronto tra RV Copia e RV I, a vantaggio del primo, chiarisce ulteriormente che il malfunzionamento mnestico in ambito visivo non risulta sostenuto da importante limitazione visuopercettiva o visuo-costruttiva. 


In conclusione, i risultati dei contrasti sostengono il profilo interpretativo delineato in precedenza, che indicava nel malfunzionamento complessivo dei processi di codifica, consolidamento e richiamo attivo il fulcro del disturbo mnestico di questo paziente. 





Bibliografia



Marco Timpano Sportiello, Stefania Tocchini, Guida all'uso clinico della WMS-IV, Giunti Psychometrics 2020



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